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FIGURE PER UN ROMANZO. PAOLO VOLPONI E LE ARTI. OPERE DAL 500 AL 900 DELLA COLLEZIONE PRIVATA – MOSTRA

FIGURE PER UN ROMANZO. PAOLO VOLPONI E LE ARTI. OPERE DAL 500 AL 900 DELLA COLLEZIONE PRIVATA

MOSTRA

Sale del Castellare di Palazzo Ducale

4 GIUGNO – 3 NOVEMBRE 2024

INGRESSO LIBERO

Aperta  tutti i giorni dalle 10:00 alle 13:00, dalle 15:30 alle 18:30.

E’ stata prorogata fino al 3 NOVEMBRE 2024 la mostra dedicata a Paolo Volponi, nell’anno delle celebrazioni per i 100 anni dalla nascita dello scrittore urbinate.

Inaugurata il 4 giugno 2024, nella Sale del Castellare di Palazzo Ducale, l’esposizione è dedicata al rapporto tra Paolo Volponi e le arti. Un rapporto che è d’obbligo includere nel discorso complessivo sul grande autore novecentesco del quale la Città celebra i cento anni dalla nascita (1924-2024) con una pluralità di eventi . Ed è la Città di Urbino, per l’appunto, l’Amministrazione comunale, con il patrocinio della Regione Marche e con la collaborazione di Accademia di Belle Arti per la parte ideativa, a presentare “Figure per un romanzo. Paolo Volponi e le arti. Opere dal 500 al 900 della collezione privata”. La mostra è a cura di Luca Cesari, estetico, saggista, direttore dell’Accademia di Belle Arti, e consiste in una rassegna di opere d’arte dal XVI al XX secolo appartenenti alla collezione volponiana prestate con ampia e spontanea generosità da Caterina Volponi, figlia dello scrittore. Non si tratta di una mostra, tuttavia, la cui materia sia circoscritta alla presentazione di dipinti. Si tratta invece di una mostra in cui le pitture sono raccontate da Volponi stesso, dal suo scrivere sugli artisti. Alle opere infatti, sono intercalate pagine di presentazioni, brani anche di romanzi. In questo senso l’intento perseguito è doppio: quello di riscoprire assieme al Volponi collezionista anche il critico artistico. Un ‘secondo’ o ‘terzo’ mestiere esercitato con modalità sempre più intense dal 1956 al 1964, le cui tracce compongono un corpus disperso che sarà materia di una edizione della casa editrice Electa.

In esposizione nelle Sale del Castellare di Palazzo Ducale sono opere di Barocci, Cantarini, Guerrieri, Magini, Maratta, ma anche Monsù, Desiderio e Dughet. Accanto a questi affetti più noti, quasi morbosi, dello scrittore per le pitture sei-settecentesche, la collezione presenta, per la prima volta, opere del 900 che suggeriscono le più varie inclinazioni dell’autore verso numerosi contemporanei, con i quali ha allacciato ben spesso legami di vita. Non è il caso solo di artisti urbinati come Bruscaglia, ma anche di romani come Schifano e Festa, o milanesi d’ambiente come Cavaliere e Isgrò. In questo consiste l’aspetto più nuovo e inedito della mostra, sfatando il pregiudizio della presunta “frattura” di Volponi con l’arte contemporanea. In rassegna, opere di Castellani, Ciarrocchi, De Chirico, Bartolini, Martini, Guttuso, Bruscaglia, Bompadre, Schifano, Pomodoro, Cavaliere, Cucchi, Mattiacci, Isgrò.

 

Dalla Presentazione di Luca Cesari “La passione di Paolo Volponi per la pittura ansiosa”:

“Sia concesso allora dire che il tentativo forse temerario di questa esposizione è quello di mettere in ordine il raptus di Volponi; cercando anche di associare alle pitture le espressioni dell’autore più capaci di sortire il succo della raffigurazione, al di là dei dati tecnici che ogni altro tipo di critica metterà in luce. (…) Ma che cos’è tutto questo accostare Barocco e Novecento se non implicare una certa dose di antirinascimento in questo figlio di Urbino? Ciò non può che rimarcare le inclinazioni polimorfiche e fantastiche di un collezionista i cui punti focali, privilegiati, si ampliano in ogni direzione. Un collezionismo che ci appare come un mareggiare di passioni potenti e depressioni, malinconie, enfasi, di un amatore vorace d’impulsi e di acquisti. Un collezionismo dico, che, nelle forme d’infatuazione e gusto ovunque evidenziate dalla collezione, favorisce una chiave di lettura. Un rapporto rapinoso e drenante con l’“oggetto ansioso”, direbbe Rosenberg, un tamponamento dell’ansia di morte o di vita rispetto alla serena rappresentazione di Piero e di Paolo Uccello.”

 

 

 

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